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COMMONERS VOICES

Beni comuni e comunità locali. Uso civico degli spazi e rigenerazione urbana

Locandina per fb

 Beni comuni e comunità locali.

Uso civico degli spazi e rigenerazione urbana

 

Coordina:

Paolo Cacciari – Comune info

 

Docenti:

Nicola Capone, Filosofo del diritto, Rete dei Beni comuni emergenti ad uso civico

Massimo Renno, presidente Aeres Venezia

 

vi chiediamo di rispondere a qualche brevissima domanda per aiutarci a preparare al meglio l'intervento compilando un semplice questionario online, per noi utilissimo. Per partecipare basta premere qui.

 

I docenti hanno già messo a disposizione alcuni documenti praparatori che potete consultare a questo link.


I ‘beni comuni’ stanno diventando una questione politica particolarmente discussa perché si prestano a nominare un’istanza urgente, di autodeterminazione e accessibilità (senza discriminazioni e barriere) ai beni necessari a garantire la effettività dei diritti fondamentali.

·         Questo è stato chiaro per l’acqua (dieci anni fa con il referendum popolare contro la privatizzazione dei servizi idrici), per il suo collegamento evidente con il diritto alla vita. Ma alcuni movimenti – come quelli dei centri socio-culturalii occupati o per le terre agricole abbandonate – hanno mostrato che un bene può essere ritenuto necessario alla vita di una comunità locale non tanto per la sua specifica natura materiale o cognitiva, quanto per il significato che assume e per le modalità di gestione condivise. E, soprattutto, i beni comuni sono tanto più indispensabili quanto più grandi e insoddisfatti sono i bisogni delle persone che lo utilizzano.

·        Gli edifici rigenerati in beni comuni urbani ad uso civico sono un esempio: essi possono restare vuoti e abbandonati, essere usati a fini edilizi speculativi, oppure aprirsi alla fruizione culturale aperta, utogestiti come mezzo di produzione condiviso. Nei beni comuni la forma della loro gestione diventa centrale quanto la proprietà e l’uso.

 

·         A partire da queste premesse, l’incontro verte sullo studio di diversi casi di riappropriazione civica degli spazi urbani come beni comuni. L’obiettivo è comprendere come queste pratiche possano innescare processi trasformativi anche al di fuori dei beni stessi, consentendo di elaborare modalità di decisione collettiva sulla città, attraverso l’attivazione di processi partecipati e autogestione diretta dei beni pubblici da parte della comunità.

 

·         I beni comuni urbani sono intesi come spazi individuati dal basso, con modalità partecipative che mettono in discussione i meccanismi tradizionali dell’autorità pubblica e del mercato, e prevedono la fruizione aperta coinvolgendo nella gestione anche, e innanzitutto, chi altrove non può prendere parola. Essi usano un approccio aperto ed eterogeneo, ma non neutrale: si basano su antifascismo, antirazzismo e antisessismo prendendo sul serio questi principi, in quanto individuano i privilegi e attivamente cercano di evitare che si trasformino in barriere. Questo significa creare nuove possibilità di relazione, ma anche rigenerare gli spazi pubblici secondo le esigenze della comunità, con l’attivazione di strumenti mutualistici e servizi sociali, come mense, doposcuola, ambulatori, cultura e sport popolari...

·         La sfida posta da questi processi di innovazione istituzionale è usare le istanze della città per far uscire il tema dei beni comuni dai perimetri relativamente ristretti in cui nasce. In particolare, soprattutto a partire dal caso dell’ex Asilo Filangieri a Napoli della rete nazionale dei beni comuni emergenti e a uso civico, si osserverà come le comunità – nate talvolta da atti conflittuali di ‘occupazione’ (o ‘liberazione’) degli spazi – propongano esse stesse degli strumenti giuridici per il loro riconoscimento, attraverso un ‘uso creativo del diritto’. In questi casi, il diritto non è un semplice strumento di regolarizzazione delle esperienze, bensì una leva per immaginare nuove istituzioni, che possano fare da precedente per il riconoscimento di altre esperienze e l’innovazione delle modalità della decisione pubblica.

·         Dire che alcuni spazi sono strumentali ai diritti fondamentali, perché gestiti e fruiti in modo aperto e accessibile, significa pronunciarsi sul governo del territorio: ad esempio, gli spazi pubblici sono identificati immediatamente come risorse da mettere in comune per fini sociali attraverso l’autogoverno degli e delle abitanti, non da vendere o mettere a profitto. E la prospettiva concreta dei beni comuni smaschera il vincolo nazionale ed europeo del pareggio di bilancio, che si rivela un pretesto per scollare il bilancio pubblico dai bisogni delle persone, e rafforzare i poteri e le disuguaglianze esistenti.


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